Vaticano
Roma, una volta, era lontana e per raggiugerla dovevi prendere l’aereo e sobbarcarti le attese e i lunghi trasferimenti dagli aeroporti, con tempi spesso dilatati da frequenti e improvvisi scioperi selvaggi.
Oggi l’alta velocità ti porta da Milano al centro di Roma in un soffio, meno di tre ore, con una puntualità quasi svizzera, e riposato.
Più facile quindi decidere per una breve vacanza romana, pochi giorni ma mirati perché si sa che Roma “Caput Mundi” richiederebbe prolungata permanenza; obbligatorio quindi scegliere e questa volta l’itinerario prevede la visita ai luoghi della cristianità.
Colosseo, Altare della Patria, Fori Imperiali, Pantheon, Circo Massimo, Il Quirinale, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Piazza del Popolo, Castel Sant’Angelo, già mete precedenti, ci si accontenta di rivederle in transito.
Colosseo, Fontana di Trevi, Castel Sant’Angelo
Da sempre poi la regola d’oro del pellegrino è che non si può andare a Roma e non vedere il Papa; il primo appuntamento in agenda quindi è per il mercoledì mattina, per l’udienza generale.
Ci si deve prenotare per tempo, c’è da fare una richiesta in Vaticano, pensate, … via fax, dando le proprie generalità e rimanere, dubbiosi, in trepida attesa, che non viene però tradita e, a distanza di una decina di giorni ecco arrivare posta: la spedisce la Prefettura Della Casa Pontificia, la firma il Prefetto Georg Ganswein, che ci invita a ritirare i nostri pass, il giorno prima dell’udienza, al Portone di Bronzo del Palazzo Apostolico, colonnato di destra di Piazza San Pietro.
Lì, ad attenderci, ecco due impettite Guardie Svizzere che ci fermano all’ingresso, una resta statutariamente di guardia, l’altra s’intrufola nel palazzo e ritorna poco dopo con i nostri due lascia passare; tutto è filato davvero liscio.
Guardie svizzere
Siamo a mercoledì mattina, attraversiamo il Tevere limaccioso per le abbondanti piogge, intravediamo il colonnato del Bernini e nonostante sia molto presto notiamo un fermento incredibile; ad attenderci una lunga coda, ma per fortuna i molti punti d’accesso previsti per i controlli, che sono severi, rendono ragionevoli i tempi d’ingresso al sagrato.
La piazza, minuto dopo minuto, si riempie a vista d’occhio, sono arrivi festosi, tanti giovani, e subito ci accorgiamo che lì è rappresentato il cattolicesimo del mondo: accanto a noi, infatti, si accomodano pellegrini vietnamiti, poi americani, africani, asiatici, “latinos”, forse i più eccitati e festosi; naturalmente rappresentata tutta l’unione europea e in un angolo della piazza, sulla sinistra, svetta persino una bandiera rossa della Cina comunista.
Passa il tempo, cresce l’attesa e si coglie, dalla folla che sembra improvvisamente impazzita, che la “Papa Mobile” è arrivata: è un roteare di teste in tutte le direzioni, io piccoletto penso di salire sulla seggiola, ma lo fanno prima i robusti tedeschi e così il volto sorridente di Francesco riesco a vederlo in brevi intervalli visivi; il Papa si concede, ripete più volte, per la gioia impazzita dei fedeli, il giro intorno alle transenne e quello più felice sembra essere proprio lui.
Folla, Il Papa
La cerimonia religiosa inizia con lettura di un breve brano del vangelo, prima in italiano e poi in tutte le lingue; allo stesso modo seguono commenti e ringraziamenti.
Il Pontefice concentra la riflessione sulla preghiera universale del “Padre Nostro” esortando i fedeli, specificatamente, sull’importanza del perdono perché dice: “…perdonare è una grazia…”.
Chiama poi nominativamente i gruppi presenti all’udienza e mi sorprende costatare quanti college americani siano presenti; in successione chiama le delegazioni del mondo che rispondono calorosamente con urla e applausi, sono fragori che scuotono la piazza in ogni angolo.
Ora tutti raccolti per la benedizione, si china il capo, ci s’inginocchia, e ai piedi di Francesco è raccolta una chiesa universale fraterna, senza contrasti.

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Un applauso generale saluta Francesco alla fine dell’udienza e, mentre si allontana, ognuno avverte l’importanza della sua presenza in questo mondo secolarizzato, che tanto ha bisogno di calore, affetto, fiducia.
Si rompono le righe, sulla piazza si ricompongono i gruppi, c’è aria di festa paesana, di scampagnata, c’è l’allegria trasmessa dal Papa.
Molti fuoriescono dalla piazza, altri, come noi, decidono la visita alla Basilica e varcare le soglie della chiesa di Pietro dà forte emozione, sorprende sempre la sua maestosità.
Punto deciso alla cappella di destra; da quanto sognavo di rivederla la “Pietà” di Michelangelo!
La prima volta che la vidi, tanti anni fa, prima del gesto inconsulto di quel turista che la sfregiò con un martello, non era protetta come lo è ora, era vicina, la potevi quasi toccare.
Ora è lontana, in una bacheca anti proiettile, le sono davanti, cerco la luce giusta ed ecco riemergere le stesse emozioni.
Cristo non è morto, dorme come un bimbo, la testa reclinata, abbandonato fra le braccia di sua madre bambina, che l’osserva con l’infantile mestizia di chi, ancora, non è capace di pensieri di morte.
Tornerei a rivederla ogni giorno.
Pietà di Michelangelo
Proseguo lungo le cappelle laterali, colpito dagli artistici e imponenti sarcofaghi di Papi, vissuti in tempi lontani più o meno in santità, che contrastano con la dimora particolarmente modesta degli ultimi pontefici, davvero essenziale quella di Papa Wojtyla.
Visivamente sono i faticosi sforzi della Chiesa di ritrovare il Vangelo.
Tombe papali
Descrivere i tesori di San Pietro riempirebbe un libro, mi affido allora alle emozioni.
Poco distante dalla Pietà si trova la Cappella del Santissimo Sacramento che mostra l’altare in bronzo e lapislazzuli, opera di Gian Lorenzo Bernini: qui si va solo per pregare!
E’ esposto il Santissimo Sacramento e di fronte al prezioso ostensorio dimorano due inginocchiatoi, dove sostano in adorazione perpetua, ventiquattro ore su ventiquattro, a turno, suore contemplative, in abito talare azzurro.
Nei banchi retrostanti si alternano pellegrini o delegazioni di fedeli provenienti da tutto il mondo.
Pregare: mia moglie ed io ci inginocchiamo, ma poco dopo io finisco col distrarmi, guardo la parete laterale, mi avvicino e vengo subito ripreso dal giovane custode della Cappella che mi ricorda che li si sosta solo per rivolgersi a Dio.
Un po’ mi vergogno e rifletto su quanta fatica facciamo oggi a dialogare con il Padre.
Ai tesori della Cattedrale vanno ad aggiungersi quelli del “Museo del Tesoro di San Pietro”, che visitiamo, abbagliati dal “Monumento funebre di Sisto IV”, catafalco in bronzo opera del Pollaiolo.
Patrimonio inestimabile.
Si fatica a terminare la visita, si china la testa davanti al maestoso altare centrale, ma l’inconscio porta, in uscita, ancora a transitare davanti al capolavoro di Michelangelo; usciamo infine dal colonnato e ci dirigiamo verso i Musei Vaticani.
Altare in San Pietro
Per me è la prima volta, mia moglie li aveva già visti.
Giotto, Leonardo da Vinci, Raffaello, Il Perugino, Caravaggio, oltre mille sculture greco - romane, e i “Best of Museum” sono segnalati da un bollino rosso che identifica non dieci, ma centinaia di opere straordinarie; il “Gruppo del Laocoonte” , qui sotto, porta il n. 350!
Gruppo Laocoonte
La pittura religiosa affresca pareti e soffitti di abbaglianti sale, dove di volta in volta sono ritratti Santi, Martiri, Annunciazione, Crocefissione, Cristo, Apostoli, Natività a ricordare e testimoniare millenni di fede e storia cristiana.
Il percorso annuncia le “Stanze di Raffaello” quattro sale del museo affrescate dal pittore urbinate e dai suoi allievi che trasmettono, anche al visitatore più distratto o impreparato, l’incanto di un ulteriore balzo in avanti nell’arte pittorica, lo sguardo catturato là in alto dall’angelo che libera dalla prigionia San Pietro.
Stanze di Raffaello
Pensate, non abbiamo ancora visto la Cappella Sistina!
Collocata alla fine del percorso è, come l’altare del Santissimo Sacramento, luogo di culto che i custodi faticano a far rispettare, pur richiamando con toni di voce autoritario, a brevissima distanza, e in tutte le lingue i visitatori.
Troppo è lo stupore.
Cappella suggerirebbe luogo raccolto di meditazione, in realtà la sala è imponente e la meraviglia ti dà la forza di prolungare la sosta e la visione, nonostante gli inviti che spingono, vista la folla dei visitatori, a transiti veloci.
Si resta almeno sino a quando si coglie al centro del soffitto “La Creazione”.
La Creazione
Ci spingono fuori ma la visita non è finita, restano la “Pinacoteca” e nei cortili esterni “Il museo delle Carrozze.”
Pausa nel grande verde cortile da dove s’intravede il cupolone, poi visita alle “carrozze” che danno l’idea del cammino nel tempo della Chiesa: dalla sedia gestatoria, alla carrozza dorata, alla Papa Mobile dell’attentato a Wojtyla.
Il museo è più vasto della stessa città, in futuro bisognerà tornare con progetti più mirati.
Carrozza e Papa mobile
La visita alla Roma Cristiana non può non prevedere la visita alle “Catacombe di San Callisto e San Sebastiano”; anche qui è arrivato il mondo e gli ingressi sono organizzati in base alla lingua: ora i francesi, poi gli inglesi, spagnoli, etc.
Ci accodano ad una scolaresca e con una guida bravissima iniziamo il percorso; l’area delle catacombe, ci dice, si estende per oltre 20 kilometri e noi ne percorriamo solo qualche centinaio di metri che bastano però per farci scendere negli inferi, dove troviamo sepolcri scavati di volta in volta nel tufo, di dimensioni diverse perché rispettano la fisicità del defunto.
E’ un gigantesco cimitero sotterraneo che però non si discosta dai nostri attuali, infatti, ecco dopo una lunga fila e più piani di loculi, apparire la cappella di una nobile famiglia, ne vedremo altre intervallate anche, a sorpresa, da cappelline dove è possibile ancora celebrare messa perché sono a tutti gli effetti luoghi consacrati.
Basta avere al seguito, suggerisce la guida, un prete e poi tutto il necessario è lì pronto: paramenti, calici, croce, candelabro.
Le catacombe, contrariamente al pensiero comune, sono stati luoghi di libero culto e solo in momenti di feroci persecuzioni hanno visto l’intervento dell’esercito romano che ha punito anche con la morte Vescovi sorpresi a celebrare i sacramenti.
Suggestivi i luoghi attorno, l’Appia Antica, il circo di Massenzio e i ruderi ovunque, aiutano ad immedesimarsi in quel cristianesimo primitivo.
Catacombe, Appia Antica
Cristianità e religiosità, a sorpresa, anche in Trastevere, al Santuario di San Francesco a Ripa, chiesa modesta rispetto ai tanti templi che abbiamo visto svettare lungo Tevere.
Sorge, dove ai tempi esisteva l’antica chiesa di “S. Biagio de Curte” adiacente alla quale c’era sia un ospedale che un ospizio e proprio in quest’ultimo San Francesco venne ospitato in occasione della sua visita a Roma nel 1219.
La chiesa custodisce ancora oggi la cella del Santo e, insieme ad alcune reliquie, anche il sasso dove la notte, il fraticello, posava il capo.
Siamo fuori orario, ma riusciamo a visitarla grazie alla disponibilità del sacrestano che dopo aver aperto due cancelli in ferro battuto ci fa salire una ripida scala che dà all’ingresso.
L’apertura della porta ci lascia senza fiato, una nicchia di legno intarsiata con ante dipinte che nascondono all’interno numerosissime reliquie che, ai tempi, con effetti scenici sorprendenti, i frati mostravano ai fedeli là sotto in chiesa, provocando sgomento, adorazioni ed estasi.
Eccola poi la pietra in una nicchia protetta da una robusta grata, riusciamo ad accarezzarla e l’emozione che proviamo ci travolge, la vedremo riflessa nella foto che abbiamo scattato e che ci trova assolutamente presi da qualche cosa d’impalpabile.
Accesso alla Cappella, Altare, Pietra
Veramente emozionante la visita al Santuario di San Francesco a Ripa, che ci ha commosso come lo sanno fare sempre le situazioni sconosciute e inaspettate.
Ringraziamo il sagrestano che all’uscita ci regala l’immagine sacra.
Sul retro “L’absorbeat” dell’umile fraticello:
Rapisca, ti prego o Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell’amore tuo,
come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio.
Buona Pasqua a tutti