martedì 13 novembre 2018.
Modello integrazione professionale, Grigioni pioniere
(ats) Si chiama "Teillohnplus" ed è il nuovo modello per
l’integrazione professionale dei rifugiati testato con successo nel
Cantone dei Grigioni: una valutazione della Scuola universitaria
professionale di scienze e arti applicate di Lucerna ha rilevato
che oltre l’80% dei partecipanti ha trovato poi un impiego fisso o
iniziato una formazione professionale.
L’integrazione nel mondo del lavoro dei rifugiati e delle persone
ammesse temporaneamente, si legge in una nota dell’Università di
Lucerna, rappresenta da sempre una grande sfida per la Svizzera:
anche dopo cinque anni, queste persone hanno una probabilità tre
volte inferiore rispetto alla popolazione autoctona di trovare
lavoro. Questo è il motivo per cui la Confederazione e i Cantoni
hanno concordato un programma comune di integrazione.
Un ruolo da pioniere nell’adozione di Teillohnplus è stato svolto
dal Cantone dei Grigioni, dove il progetto è in marcia dal 2015.
Come funziona? I partecipanti lavorano in un’azienda per un anno e
mezzo ricevendo solo una parte dello stipendio, che viene integrata
dall’assistenza sociale. Il salario aumenta gradualmente da 500 a
2500 franchi. I partecipanti hanno modo di acquisire esperienza e i
datori di lavoro si impegnano affinché questi si qualifichino
professionalmente.
Quattro su cinque integrati con successo
L’Università di Lucerna ha valutato i risultati del progetto pilota
nei Grigioni tra il 2015 e il 2018: dopo aver completato il
percorso, l’84% dei partecipanti ha trovato un impiego a tempo
indeterminato (63%) o iniziato un apprendistato (21%). "Sebbene il
numero relativamente basso di 57 partecipanti non consenta una
valutazione definitiva, il tasso di successo è notevole", afferma
il direttore del progetto Daniel Schaufelberger.
Rispetto ad altri programmi di integrazione lavorativa, il modello
è anche relativamente economico: ricevendo i salari fin
dall’inizio, i partecipanti sono meno dipendenti dall’assistenza
sociale e le casse pubbliche ne escono alleggerite. "Molti
rifugiati vogliono guadagnare denaro il più rapidamente possibile -
spiega Schaufelberger - mostrare loro che questo investimento è più
utile che avere un posto di lavoro a bassa retribuzione è
fondamentale per l’integrazione lavorativa sostenibile".
I partecipanti sono stati principalmente impiegati da PMI, per la
maggior parte nel settore alberghiero e della ristorazione (40%),
edilizia e metalcostruzioni (13%), assistenza sanitaria (11%) e
altri settori come informatica o commercio al dettaglio (36%). Non
mancano i controllori sul raggiungimento degli obiettivi
professionali come sugli stipendi, in modo da ridurre un eventuale
rischio di dumping salariale. Il modello, aggiunge la nota
dell’università, è facilmente trasferibile ad altri cantoni.
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