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martedì 29 settembre 2020.
Le urne mettono in luce tutta la prossimità del Moesano con il Ticino
di Davide Pesenti
Nella “super domenica” di votazioni federali, il Moesano si esprime in perfetta sintonia con il Canton Ticino. Un esito fortuito o c’è di più? Al di là delle possibili spiegazioni sul responso, i risultati scaturiti dalle urne il 27 settembre 2020 riflettono una situazione reale e oggettiva. Il legame del Moesano con il limitrofo cantone non è solo economico o sociale, ma si riflette chiaramente nelle mentalità e nelle scelte politiche.
Il dato salta all’occhio. E fa riflettere. Nell’ultima tornata di votazioni federali (una volta di più), gli aventi diritto di voto del Moesano si sono espressi totalmente in linea con la maggioranza dei votanti ticinesi. E in merito a tre dei cinque oggetti sottoposti al giudizio popolare, lo ha fatto in chiara controtendenza al responso del Canton Grigioni e a quello nazionale.
Condivisione di mentalità
Il risultato più eclatante, in questo senso, è quello in merito all’Iniziativa popolare “Per un’immigrazione moderata”, promossa dall’UDC, contro la libera circolazione delle persone. Con il 61,5% di favorevoli, la regione Moesa si è chiaramente allineata al responso ticinese, superandolo persino di ben 8 punti percentuali (!) e issandosi così nettamente al primo posto a livello nazionale nella graduatoria delle regioni favorevoli a questo primo oggetto – per di più, quale unica regione elvetica a superare il 60% di “sì” all’iniziativa, con punte oltre al 70% (Rossa 71,9%).
Questa tornata di votazioni (se ce ne fosse stato ancora bisogno) si è rivelata quindi specchio fedele della quotidianità e di un certo sentore politico diffuso in Mesolcina e Calanca. Scegliendo questa via, quasi solitaria rispetto anche al resto del Grigionitaliano (solo Brusio si è infatti espresso pure a favore), il Moesano si conferma essere sulla stessa lunghezza d’onda del sentir ticinese.
Questo dato di fatto, oggi, non può più essere semplicemente attribuito all’attenzione (e a una certa influenza) inevitabilmente più marcata nei confronti della vita politica “cantonticinese” – anche e soprattutto attraverso i media ticinesi e la RSI – oppure agli stretti legami personali che, per evidenti ragioni, s’intrattengono con la popolazione al di là del confine cantonale. C’è dunque forse dell’altro?
Segnale di malessere
La divergenza fra il dato regionale e quello cantonale è lì, tutta da vedere. Certo, una simile constatazione non è nuova. Ma questa volta appare più chiara che in precedenti occasioni, inconfutabile, e soprattutto in completa controtendenza con il voto nazionale.
Che cosa si può o si deve dedurne? E quali correttivi sono chiamati ad attuare le autorità regionali e cantonali per dare seguito a questo “grido d’allarme” e tentare di risolvere i problemi sul mercato del lavoro (ma non solo) alla base di questo chiaro responso?
Il dato è evidente e indubbiamente peculiare. Indipendentemente dalle convinzioni personali, non può lasciar indifferenti. A bocce ferme, esso si presterà certo a una serie di analisi che appare oggi più che mai necessaria sui possibili motivi di un tale plebiscito.
Se, da un lato, si tratta dell’ennesima conferma di un segreto di Pulcinella, ossia di quanto la mentalità e soprattutto la contiguità economica con il Ticino sia profonda, d’altro canto tale prossimità non può essere l’unica spiegazione possibile. Osservando i problemi connessi alla libera circolazione delle persone, e facendo loro stessi l’esperienza diretta della situazione sul mercato del lavoro ticinese (dove molti hanno il loro impiego) nonché degli abusi che vi si riscontrando malgrado le misure sociali già messe in campo, i moesani hanno voluto dare un segnale che appare inequivocabile: “In questo modo, non si può andar avanti”. Questo coinvolgimento personale, unito a una sensibilità diversa e/o maggiore su temi di rilievo quali l’immigrazione o i rapporti con l’Unione Europea, è probabilmente all’origine di una tale risposta decisa.
Tuttavia, più che un voto contro l’UE in senso lato, o la testimonianza di una certa volontà di chiusura su sé stessi, le ragioni di un tale sostegno all’iniziativa popolare dell’UDC vanno probabilmente ricercati anche nella storica situazione geopolitica del Moesano, dove vari fattori di carattere culturale, sociale, economico e psicologico si sommano fra loro, producendo un singolare “cocktail” generatore di opinioni che non ha eguali in nessun’altra regione della Svizzera. Zona (relativamente) periferica e alpina, incuneata tra due realtà politiche e linguistiche ben diverse tra loro, la Regione Moesa sembra così aver voluto mettere in risalto i cantieri ancora irrisolti nell’ambito della libera circolazione e verosimilmente pure la difficoltà a far sentire la propria voce e le proprie rivendicazioni alle autorità cantonali e a quelle federali.
Ciò detto, l’esito di questo voto rileva un notevole allontanamento, vieppiù marcato, con il resto del Cantone e pure – aspetto solo in parte nuovo, ma da non sottovalutare – con la Berna federale. In tal senso, bisogna altresì constatare che quasi sempre lo ha fatto distanziandosi pure dalle altre regioni del Grigionitaliano.
“Polentagraben” in salsa grigione?
La “via solitaria” tracciata dal Moesano rispetto all’insieme del Canton Grigioni non si è limitata alla sola iniziativa UDC. Le opinioni dell’elettorato regionale si sono pure scostate dal resto del Grigioni su altri due oggetti in votazione. La controtendenza con il dato cantonale e nazionale è ben riconoscibile. La “Legge federale sull’imposta federale diretta” è stata infatti accettata, come nel Canton Ticino (52,1%), con il 51,6%, mentre il dato grigione attesta un “no” al 63,6%, a fronte del 63,2% a livello nazionale.
Altro dato assai rivelatore riguarda il “Decreto federale concernente l’acquisto di nuovi aerei da combattimento” che il Moesano ha respinto (seppure di strettissima misura) con il 50,7%, come il Ticino (52,8%), mentre il Grigioni ha accettato l’acquisto dei nuovi caccia con il 53% (50,1% di “sì” a livello federale).
Infine, bisogna rilevare invece l’allineamento del Moesano al voto grigione (e ticinese) in merito ai due oggetti rimanenti. La “Legge federale sulla caccia” è stata accettata con il 63,3% (67,3% in Grigioni, 51,5% in Ticino, ma respinta a livello federale), mentre quella sull’indennità di perdita di guadagno (congedo paternità) è stata accolto con il 63,3% dei voti espressi (51,8% in Grigioni, 67,3% in Ticino, 60,3% a livello nazionale). Ma anche qui, il dato moesano si è avvicinato molto di più a quello ticinese che al resto del Canton Grigioni.
Analizzare il passato per costruire il futuro
Una rondine non fa primavera. Ma sarebbe utile, e forse persino essenziale, poter approfondire i vari elementi scaturiti da questa votazione in merito a oggetti federali tanto diversi fra loro, quanto profondamente legati alla realtà di vita quotidiana – e dunque rivelatori del sentire popolare. Ciò, ad esempio, mediante uno studio scientifico che, partendo proprio dai risultati delle consultazioni federali degli ultimi 50 anni, miri a delineare sia l’evoluzione delle mentalità, sia lo sviluppo delle relazioni a livello culturale ed economico con il Ticino. Una tale ricerca potrebbe mettere così in luce quegli elementi emblematici di una realtà sociale moesana in trasformazione, considerando i risultati delle consultazioni alle urne come uno specchio fedele della situazione particolare e ibrida di questa regione grigione. In tal senso, un’analisi approfondita del recente risultato potrebbe pure aiutare a meglio comprendere le evoluzioni in atto e le sfide da affrontare in ottica futura.
Anche perché il risultato scaturito dalle urne federali questo fine settimana non fa che mettere altra carne al fuoco nel dibattito sulle relazioni non sempre facili con le autorità cantonali, nonché sull’appartenenza stessa del Moesano al Grigioni. Un dibattito mai completamente sopito e riaccesosi – come si ricorderà – in particolare durante la fase acuta della crisi sanitaria causata dal coronavirus.
Quanto la pandemia che ha fortemente toccato la regione in primavera – con le discussioni/richieste che ne sono scaturite e la crisi economica che ha generato – abbia effettivamente contribuito a far pendere l’ago della bilancia e a condurre a questo risultato, è tutto da valutare. Senza dubbio, si tratta di un altro aspetto che accomuna Moesano e Canton Ticino, mettendo in evidenza quanto le frontiere cantonali spesso non rispecchino la realtà della vita quotidiana che trova invece uno spazio d’espressione privilegiato nella democrazia diretta. Un efficace banco di prova per tastare il polso a una regione che appare oggi un po’ più solitaria, ma altrettanto determinata.
È proprio in questo senso che il voto espresso dal Moesano appare come un chiaro appello rivolto indirettamente alle autorità regionali e cantonali. A loro, ora, di cercare e proporre delle soluzioni alle complesse sfide che si stagliano all’orizzonte, preparano così il terreno per un avvenire più roseo. Perché governare significa anche e soprattutto prevedere.
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È domenica
È domenica
e scendo queste scale,
e come un cane fiuto a queste porte
il solito, indistinto cucinìo condominiale.
Porto con me, ancora non so dove,
un giorno rosso della settimana,
forse un Natale,
con mia madre che gira il suo ragù
e le campane così forti e vive
che ogni casa sembrava un campanile.
Vito Maida (poeta soveratese, 1946/2004)
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