giovedì 23 settembre 2021.
Due panchine, una stazione e una via che forse nascerà
di Nicoletta Noi-Togni
Capita certe volte che gli oggetti non siano solo oggetti. Che ci parlino al cuore, che ci mandino un messaggio, che siano passato e futuro.
Cosi le due panchine gialle, vicino alla stazione di San Vittore che vogliono, per volontà del Cantone dei Grigioni che le ha regalate al Comune, lanciare un messaggio alla comunità in favore di piu’ apertura e consapevolezza nei confronti della salute mentale propria e degli altri. Le panchine gialle richiamano non soltanto ad una sosta di riposo da condividere con la persona accanto ma anche, simbolicamente, all’interesse che dovremmo avere verso la salute, in questo caso soprattutto mentale, delle persone che con noi condividono la quotidianità o che comunque incontriamo sul nostro cammino. Fosse anche soltanto con un sincero “come stai?”, scritto questo nelle tre lingue cantonali sulle panchine.
Infatti le panchine fanno parte, con altre azioni mirate, di una campagna di sensibilizzazione sui bisogni psichici delle persone, della quale il nostro Cantone è promotore a livello nazionale. Molto importante in questo momento di instabilità emotiva derivante dalle insicurezze di una pandemia che ha sovvertito molti parametri di vita. Non certo la sola causa delle nostre fragilità ma spia di una società concentrata su sé stessa e sulle proprie necessità al punto di non guardare troppo all’altro. Una società anche che troppo spesso, complici i media elettronici, si nutre della diceria e della cattiveria gratuita. Danneggiando gli altri.
Ma ritorniamo al sano e al bello. A quando le persone di una comunità sostavano nelle sere d’estate sulle panchine nei paesi. Le stazioni poi erano veri e propri luoghi d’elezione per le panchine. Li ci si sedeva ad attendere chi arrivava con il treno e li ci si sedeva ad aspettare di partire, sempre con il treno. Quante storie liete e malinconiche si saranno vissute sulle panchine e quanti sentimenti si saranno contrapposti: quelli della felicità e quelli del dolore. Ma in tutte c’era quell’elemento dinamico, quel moto dell’andare e del venire proprio della vita che non concede spazio alla passività e all’apatia e combatte la depressione. Proprio ciò che questa campagna di sensibilizzazione vuole ottenere.
Particolarmente importante ricordarlo nel nostro comune dove da inizio anno fa bella mostra di sé la rinnovata vecchia stazione. Bella nella sua semplice autenticità ci ricorda famiglia e passato e fa convergere su di sé presente e futuro. Con le nuove generazioni che la popolano e di nuovo spettatrice di un tempo che verrà. Forse fatto di nuove voci, di nuove lingue, di persone nostre che percorreranno la nuova via ciclabile e di persone che vogliono conoscerci e conoscere. Una comunità in movimento e per questo anche sana e sorridente e per questo pronta alla generosità.
Perché potremmo essere felici e generosi di pensieri ed azioni. Non abbiamo mai vissuto, perlomeno da vicino, una guerra. Francamente l’ho pensato guardando le panchine gialle: a quanto siamo fortunati. L’ho pensato leggendo l’articolo della Neue Zürcher Zeitung dello scorso sabato. Incuriosita dalla pista ciclabile di 10 000 chilometri che corre parallela alla Cortina di ferro e che attraversa ben 20 Paesi dell’Europa orientale e occidentale: simbolo di divisione e di isolamento la Cortina di ferro ha causato centinaia di morti ed ha lasciato dietro di sé lacerazioni profonde. La giornalista dice che questa pista ciclabile che unisce molti territori diversi tra loro e abbatte le barriere sa anche, al suo passaggio, curare le ferite di un tempo. Un “oggetto” in fondo che diventa anche unione e apertura e guida verso una nuova umanità.
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