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Cultura
domenica 31 ottobre 2021.
Visita ai cimiteri
di Teresio Bianchessi

“…All’ombra dei cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?...”

Il culto dei morti!

Ricordo quando la ricorrenza bloccava in paese ogni attività; anche la terra aveva bisogno di riposare e così tutti partecipavano alla novena dei defunti, pure noi bambini che la sera, impauriti dal buio, seguivamo sino al camposanto il Parroco che recitava ad alta voce rosario e requiem.
Poi ci fu la migrazione verso la città: Milano, lì c’era il pane e il ricordo è quello di code interminabili perché tutti quel giorno, volevano esserci per non mancare l’appuntamento dell’anno con morti e vivi, essendo i sentimenti di prece ai cari defunti e l’abbraccio ai vivi lasciati al paese, forti in egual misura.
Il Sacerdote celebrava messa in un camposanto gremitissimo, a volte risultava impossibile arrivare al proprio caro, dopo tutti a cercarsi, a scambiarsi abbracci, saluti, notizie del paese e della città.
La giornata finiva all’osteria perché tradizione voleva che l’oste, proprio quel giorno, offrisse la scodella di salamini e fagioli più salata che saporita, perché poi il vino gratis non era.
Quanto lontani quei tempi in cui si nasceva e moriva nello stesso posto, i defunti ora sono sparsi fra paesi e città, ma resta l’obbligo morale di recitare una preghiera e lasciare un fiore.
Quello che ho fatto anch’io in cinque località diverse imbattendomi in cimiteri dove le riesumazioni hanno lasciato loculi vuoti che rendono ancor più doloroso il luogo anche perché i tanti scomparsi di questo ultimo periodo pandemico e non solo, sono stati cremati e collocati in minuscole celle.
Anche i cimiteri mostrano le accelerazioni, i mutamenti di tempi e costumi.
Al camposanto o in salotto resta comunque il giorno della riflessione che, ricordandoci la caducità della vita, dovrebbe suggerirci anche un modo più amorevole di viverla.

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Chiusa in casa

Chiusa in casa
mia madre
tagliava e cuciva camicie:
le cose imparate nel giovane sogno
divennero pane, formaggio ed alici.
Mio padre era morto da un anno.
Noi tre portavamo più avanti
una guerra finita.


Vito Maida (poeta soveratese, 1946/2004) 
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