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Regionale
mercoledì 10 novembre 2021.
Cantonali 2022, l’asso grigionitaliano resta nella manica
di Davide Pesenti

Il dado è tratto. Alla fine, non ci sarà nessun/a Grigionitaliano/a fra i pretendenti a una delle cinque poltrone in seno al Consiglio di Stato grigione, in occasione delle Elezioni cantonali del prossimo mese di maggio. Un’assenza che non può lasciare indifferenti e che dà da pensare. A una dozzina d’anni dall’uscita di scena dell’ultimo grigione di lingua e cultura italiana a sedere nel governo retico – il socialista poschiavino Claudio Lardi – vien da chiedersi per quali ragioni nessuna direzione di partito abbia potuto (o voluto) inserire una personalità politica italofona sul proprio ticket d’accesso alla Casa Grigia. Come riportare di nuovo – nel breve periodo – un/a Grigionitaliano/a in seno al governo retico?

Scaturita dai vari annunci partitici delle scorse settimane, la constatazione della completa assenza di un/a italofono/a tra i candidati al governo grigione non può non preoccupare. E fare decisamente riflettere. Perché dopo tre legislature, l’assenza di un/a Grigionitaliano/a in Consiglio di Stato comincia davvero a farsi sentire. Un lasso di tempo (troppo?) lungo per un cantone come il Grigioni che, spesso e volentieri, fa della pluralità linguistico-culturale (giustamente) uno dei suoi principali biglietti da visita. L’impegno a favore del trilinguismo retico – che negli ultimi tempi si sta vieppiù rafforzando, in particolare anche grazie alla pianificata strategia relativa al plurilinguismo all’interno dell’amministrazione pubblica – non dovrebbe riflettersi pure nella composizione del potere esecutivo cantonale?

Criterio non trascurabile
Quali, dunque, le cause di una tale situazione? E soprattutto: quali i possibili rimedi in ottica futura? E ancora: com’è possibile che la rappresentanza linguistico-culturale-regionale in seno all’esecutivo cantonale non sia considerata dagli attori politici direttamente coinvolti come un criterio sostanziale – o persino essenziale – ma anzi, a detta di certuni, quasi un elemento oggigiorno ormai da considerarsi come superato dal contesto sociodemografico e pertanto non così fondamentale?
Sono parecchi gli interrogativi che il mondo politico, così come l’opinione pubblica – e non solo grigionitaliani (!) – fatalmente si pongono in questa fase iniziale di campagna elettorale in vista del rinnovo dei poteri cantonali. Data la sua peculiarità e unicità quale cantone trilingue, oltre al rispetto degli equilibri partitici, e più recentemente anche di quelli di genere, la questione della presenza delle varie componenti cultural-linguistiche del cantone dovrebbe essere uno dei principali criteri da prendere in considerazione nella scelta dei candidati. Perché (ri)trovare un posto nella “stanza dei bottoni” non dovrebbe essere un’esigenza – e pertanto una fondamentale meta da raggiungere – soltanto per l’italofonia retica, bensì un impegno per l’insieme degli attori politici e sociali. E ciò, per rispettare e onorare l’essenza stessa, trilingue e “triculturale”, del Cantone dei Grigioni.

Minoranze che contano
Lodare il trilinguismo e la pluralità culturale cantonale e, al contempo, non disporre di un esecutivo che rappresenti appieno l’insieme della popolazione, così come il complesso territorio che quest’istituzione statale è chiamata a governare, appare per varie ragioni problematico. Ancor più, se lo consideriamo in un’ottica comparativa intercantonale. Analizzando l’attuale composizione degli esecutivi degli altri cantoni plurilingui elvetici, notiamo infatti come essi rispettino – ognuno con modalità elettive proprie – i rispettivi equilibri linguistici-culturali cantonali. E ciò, attraverso una rappresentanza di ministri più o meno corrispondente al “peso specifico” delle comunità linguistiche che caratterizzano questi cantoni. Il Canton Berna, ad esempio, riserva de jure uno dei sette seggi del suo “Consiglio esecutivo” a un francofono (proveniente dal Giura bernese) rappresentante, per così dire, l’11% della popolazione cantonale - ruolo attualmente ricoperto dall’UDC Pierre Alain Schnegg. Così come la costituzione vallesana prevede almeno un membro proveniente dall’Alto Vallese. Una regola alla quale i germanofoni tengono fermamente, votando in modo compatto i “propri” candidati, e che molti francofoni vallesani sostengono, convinti dell’importanza di preservare un tale equilibrio nella politica cantonale. In tal modo, tra i cinque membri del governo vallesano, praticamente da sempre, se ne contano due di lingua tedesca, in rappresentanza del 25% di vallesani germanofoni. Per contro, nessuna particolare “quota linguistico-culturale” è prevista per l’elezione al governo friborghese. Tradizionalmente, tuttavia, almeno uno dei sette membri dell’esecutivo cantonale è originario delle regioni tedescofone (o bilingui) del cantone – al momento, prima del rinnovo dei poteri cantonali, è il “ministro centrista” Olivier Curty.

Farsi ispirare
Questo breve sguardo al di fuori dei confini grigioni illustra in modo evidente come negli altri cantoni plurilingui le minoranze linguistico-culturali siano prese in considerazione e contino attivamente nella ripartizione dei seggi dell’esecutivo. Una realtà – almeno per il momento – non condivisa dai Grigionitaliani. Come tradurre, dunque, in “salsa retica” simili equilibri politici, consci che l’italianità grigione si estende certo oltre i confini territoriali storici del Grigionitaliano?
Le numerose difficoltà di comunicazione e comprensione, nonché la mancata presa in considerazione della peculiarità (anche) geografica del Grigionitaliano palesatasi durante la primissima fase della pandemia da Covid-19 – non senza far sorgere qualche tensione istituzionale – sono soltanto alcune delle recenti esperienze che rivelano come la presenza di un membro italofono in governo sarebbe essenziale. Poiché è fuor di dubbio che una tale presenza porterebbe una peculiare e complementare sensibilità in Consiglio di Stato, come pure quelle conoscenze dirette delle sfaccettate realtà locali che compongono il Grigionitaliano necessarie a governare.

Nulla da fare (per questa tornata)
Ammesso che alcuni candidati si esprimono egregiamente anche nella lingua di Dante, e che dimostrano una certa sensibilità per la “causa grigionitaliana”, bisogna tuttavia evidenziare il fatto che la conoscenza approfondita della realtà di un territorio variegato e articolato qual è il Grigionitaliano, con le sue qualità, peculiarità e problematiche, è inevitabilmente ad appannaggio di chi vi è nato, cresciuto e/o vi vive – analogamente a ciò che capita per la minoranza romancia.
Com’era il caso, ad esempio, nell’area liberale, dove durante le storiche “primarie” un possibile candidato italofono ha dovuto cedere il passo al (per certi versi sorprendente) trionfo del “mister Corona” retico, Martin Bühler. Come pure in casa dell’Alleanza del Centro, dove il fattore di genere ha prevalso su una potenziale nomination grigionitaliana – quando personalità politiche con competenze e idoneità ad assumere una tale carica istituzionale non mancavano.

Trilinguismo non opzionale
Bisognerà dunque mettersi il cuore in pace e far fronte comune su “sostenitori esterni” dell’italianità retica quale, ad esempio, Jon Domenic Parolini, unico candidato proveniente dal “Grigioni meridionale”, come da lui stesso sottolineato ai microfoni di radio RSI? (una definizione geografica che andrebbe tuttavia un po’ relativizzata, se considerata sotto un profilo prettamente linguistico-culturale italofono).
Sebbene candidati plurilingui come Parolini mostrino d’avere un occhio di riguardo (certo benvenuto) verso la minoranza italofona, un suo rappresentante in governo favorirebbe pure in maggior misura l’approfondimento e il miglioramento della coesione cantonale. Come lo è già stato, benché non regolarmente, in passato. Infatti, durante la più che bicentenaria storia grigione, non va dimenticato che l’assenza di un italofono nell’esecutivo cantonale – dapprima composto di tre membri che, dal 1894, passarono a cinque – è stata più la regola che l’eccezione, analogamente al governo federale. Con l’allargamento del numero di consiglieri di Stato, ad inizio Novecento si osserva con maggior frequenza la presenza in governo di politici originari del Grigionitaliano (la lista dei consiglieri di Stato grigioni, dal 1803 ad oggi, è consultabile alla pagina www.gr.ch/IT/istituzioni/reg...). Una constatazione che (in un futuro prossimo?) potrebbe persino condurre qualcuno a chiedersi se un eventuale allargamento dei membri dell’esecutivo retico a sette non potrebbe facilitare la presenza più regolare di un/a Grigionitaliano/a.

L’unione fa la forza
Bisognerà dunque attendere – auguriamoci solamente per ulteriori quattro anni – prima di poter cogliere nuovamente l’occasione e candidare un/a italofono/a al governo. Un tempo certo sufficiente a preparare il terreno e far (continuare a) crescere delle personalità politiche in grado di farsi breccia tra i “papabili” dei rispettivi movimenti politici a livello cantonale.
Perché una candidatura al governo non la si improvvisa, è chiaro. La si coltiva. E la si fa maturare, come il buon vino, con impegno e coraggio, con spirito propositivo e federativo. Al di là degli steccati politici e degli interessi di parte. Con un approccio comune che deve primeggiare, nell’intento condiviso di riportare un/a Grigionitaliano/a in Consiglio di Stato. Per dare (finalmente) pienamente pari dignità alla minoranza italofona, certo. Ma pure, e principalmente, per dare un senso ancora più profondo e reale al trilinguismo grigione che deve poter rispecchiarsi appieno nelle sue istituzioni. E ancor di più, nel suo potere esecutivo, affinché non rimanga azzoppato, poiché privo di una componente essenziale, ancorché minoritaria, della sua popolazione e del suo territorio. Un governo, insomma, davvero ad immagine e somiglianza del cantone che è chiamato a guidare. Non solo nel rispetto e nella salvaguardia dei delicati e preziosi equilibri linguistici, culturali e regionali; ma per il bene dell’intero cantone, chiamato a vivere e rafforzare, giorno dopo giorno, la sua autocoscienza trilingue. E ciò, a partire dalle proprie istituzioni, da sempre cuore della res publica, emblema dell’essenza dello stato di diritto. Ne va del senso stesso della “pluriculturalità” grigione che deve emergere in tutti gli ambiti – istituzioni comprese. Consapevoli che nel Grigionitaliano gli assi (politici) nella manica non mancano di certo.

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Le radici della violenza: la ricchezza senza lavoro, il piacere senza coscienza, la conoscenza senza carattere, il commercio senza etica, la scienza senza umanità, il culto senza sacrificio, la politica senza principi.

(Mahatma Gandhi)

 
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