Ad inizio estate, la popolazione della Bassa-Mesolcina (e non solo) aveva accolto con piacere e gratitudine il completamento del risanamento della storica mulattiera Verdabbio – Piani di Verdabbio, nonché delle relative cappelle, da tempo oramai in uno stato di forte degrado. Un’opera fortemente voluta e promossa dal compianto ex-sindaco di Verdabbio, Antonio Spadini, e portata a termine con convinzione, in seguito all’aggregazione con il Comune di Grono, dall’attuale compagine municipale gronese. Tra gli obbiettivi principali del progetto vi era quello di preservare queste tracce religiose del passato da una completa sparizione, nonché permettere una riflessione approfondita sul loro futuro. Ma quali vie concrete intraprendere – vien dunque da chiedersi – verso l’attualizzazione di un tale patrimonio religioso-culturale?
Tradizione viva, non museale
L’apprezzabile iniziativa di recupero del tracciato in selciato d’importanza nazionale (!) non solo ha permesso la (ri-)scoperta di questo importante tassello del patrimonio viario moesano da parte degli abitanti e dei numerosi turisti – confederati e internazionali – incuriositi e interessati a meglio conoscere le bellezze storico-paesaggistiche della regione. Infatti, il progetto ha al contempo permesso di ridare vita alle storiche cappelle votive, riuscendo pure a “mettere in salvo” qualche affresco non completamente sbiadito dal tempo o sparito a causa delle intemperie.
Percorrendo oggi l’affasciante via storica (oltre a qualche intonaco già in parte sbriciolato), il viandante potrebbe interrogarsi sul perché non aver completato, fin da subito, le tre tappe contemplate originariamente nel progetto di ripristino di queste cappelle votive. Infatti, alle prime due fasi di restauro “di tipo conservativo”, dovrebbe ora seguire una terza fase di “rivitalizzazione degli spazi interni” delle stesse. L’interessante volantino informativo pubblicato in occasione dell’inaugurazione precisava, a tal proposito, che quest’ultima fase “potrebbe avvenire in un secondo tempo da parte del Comune Parrocchiale o degli abitanti di Verdabbio”. Una scelta dettata probabilmente dalla necessità di porre delle priorità, a vari livelli. Vien tuttavia da chiedersi, a cosa sarebbe servito un tale restauro, se non (soprattutto) a renderne possibile un loro utilizzo tangibile, ossia riattualizzato, e non solo in un’ottica estetico-paesaggistica – seppur un aspetto importante di tali progetti.
Restauro incompleto?
Infatti, se le si osserva da vicino, ci si può oggi ben rendere conto che, malgrado l’essenziale risanamento infrastrutturale, le cappelle votive verdabbiotte risultino (ahinoi) assai impoverite da un punto di vista iconografico-teologico. Ciò, poiché in buona parte (purtroppo) non si è riusciti a “salvare”, o ripristinare, almeno qualche elemento degli affreschi originali. Ecco che un approfondimento di tipo contenutistico e artistico, come annunciato e previsto dal progetto, sarebbe certo benvenuto, auspicabile, se non forse doveroso. Esso porterebbe, di fatto, alla concretizzazione di un progetto di rivitalizzazione a 360 gradi che, se lasciato allo stato attuale, appare un po’ incompiuto, quasi azzoppato.
Riqualifica in chiave contemporanea
Certo, da tempo queste cappelle sono arricchite e abbellite dalla buona volontà e dallo zelo di credenti e privati cittadini della frazione gronese. Tuttavia, allo stato attuale, sembrerebbe davvero auspicabile fare un passo ulteriore, affidando a un/a artista (o eventualmente a un gruppo di lavoro qualificato), possibilmente della regione, competente in materia e con una spiccata sensibilità nei confronti del patrimonio religioso locale, il compito di ridare piena vitalità e utilità alle suddette edicole. E ciò, ispirandosi pure a sensibilità artistico-religiose contemporanee, in favore di un “impiego aggiornato”, che sia cioè adattato alla realtà sociale, culturale e religiosa moesana del XXI secolo.
Benché la collaborazione tra il Comune politico di Grono e il Comune parrocchiale di Verdabbio sia imprescindibile nell’ottica di un tale progetto, anche dato il concetto d’intervento previsto originariamente, sarebbe più semplice se un tale completamento fosse coordinato sotto l’egida del Comune politico. Da questo punto di vista, anche la posa di pannelli esplicativi e/o d’ulteriori indicazioni, arricchiti da elementi storico-iconografici riferiti alle cappelle e al sentiero in pavé, favorirebbe una loro migliore fruibilità, arricchendone al contempo l’attrattiva, soprattutto in chiave turistica.
Dopo la mulattiera, è l’ora dei grotti?
Il ripristino completo, nonché la futura messa a disposizione in chiave contemporanea di queste storiche tracce del passato verdabbiotto alla popolazione locale, così come agli ospiti, non può che essere considerato di vivo auspicio nell’ottica di ulteriori progetti di salvaguardia e protezione del prezioso retaggio dei secoli passati. Uno su tutti? Lo studio approfondito, la recensione e la valorizzazione in chiave storico-didattica, nonché turistica, della cinquantina di grotti siti in prossimità dell’abitato di Verdabbio. Ciò, traendo esempio e facendosi ispirare da quanto si è realizzato alcuni anni orsono, con lungimiranza e passione, nel limitrofo comune di Cama.
Dato le esperienze utili raccolte negli scorsi anni e il plauso ricevuto nell’ambito del progetto di recupero della “rinata mulattiera”, l’ora sembra dunque giunta ed essere propizia per condurre a buon porto un simile progetto di salvaguardia e valorizzazione patrimoniale relativo ai “Grott de Verdabi”; il tutto, in stretta collaborazione con gli enti regionali, cantonali e federali competenti, le fondazioni e i privati interessati e propensi a partecipare alla realizzazione di un tale progetto di carattere non solo strettamente locale.
Grazie al percorso relativo ai massi cuppellari, la restaurata mulattiera con le sue cappelle votive, la messa in rete e la promozione dei grotti (senza dimenticare lo storico nucleo della frazione di Valdòrt, con il suo torchio, l’alambicco, la chiesetta dedicata all’Immacolata Concezione e il vecchio mulino, ormai ahinoi diroccato), Verdabbio diverrebbe così una località montana ancora più interessante e attraente, acquisendo al contempo un maggior valore, non solo da un punto di vista storico-paesaggistico, ma pure didattico e turistico – e perché no, quale ulteriore tassello del “Museo diffuso” presente nel Moesano. Per il bene della popolazione locale attuale, certo; ma pure – e forse soprattutto – delle future generazioni che desidereranno insediarvisi, continuando così a dar vita e scrivere una nuova pagina della storia di Verdabbio.