Ricercatori dell’Istituto svizzero di salute pubblica e tropicale
(Swiss TPH), hanno analizzato su incarico dell’UFSP la
distribuzione geografica dei casi di legionellosi segnalati negli
ultimi anni. La malattia è un’infezione polmonare causata da un
batterio chiamato Legionella.
L’infezione non si trasmette da persona a persona, ma tramite
flussi d’aerosol. La Legionella è presente in natura in quasi tutti
gli ambienti acquatici. Poiché i batteri prosperano principalmente
nell’acqua stagnante tra 25° e 45° C, si trovano anche nei sistemi
di distribuzione dell’acqua creati dall’uomo, come le docce e le
vasche idromassaggio.
Il numero di casi di questa malattia è più che quintuplicato negli
ultimi due decenni ed è più che raddoppiato negli ultimi dieci
anni, raggiungendo un picco di 567 casi nel 2018. Anche la maggior
parte dei Paesi europei ha registrato un aumento dei casi, ma la
Svizzera è uno dei più toccati. Il numero di segnalazioni, che sono
più elevate alla fine dell’estate, è poi sceso nel 2019 (530 casi)
e nel 2020 (435).
Tra gennaio 2017 e dicembre 2020, periodo considerato dallo studio,
sono stati registrati 1603 casi certi o probabili di legionellosi.
La malattia ha colpito principalmente gli uomini (69,1%). L’età
media era di 65 anni. Al momento della segnalazione, la maggior
parte dei malati (88,6%) era ricoverata in ospedale e 73 pazienti
(4,6%) erano già deceduti.
Durante la ricerca è stata constatata, in Svizzera, una forte
disparità regionale. Il cantone più colpito è il Ticino, con 15,8
casi ogni 100’000 abitanti. A livello di distretti, è quello di
Lugano il più toccato (22,9/100’000 abitanti), ma sette degli otto
distretti del Ticino e la regione Moesa nei Grigioni sono stati
definiti "hot spot". Nella Svizzera orientale, invece, il tasso è
inferiore al previsto.
La composizione della popolazione - in particolare l’età media, la
densità di urbanizzazione e la situazione socio-economica - sembra
influenzare il numero di casi. Nei distretti in cui il livello
socio-economico medio era basso è stato osservato un numero di casi
superiore del 40%. Ciò potrebbe spiegarsi con la presenza più
frequente in queste regioni di fattori a rischio, come il fumo e le
malattie croniche.
Lo studio mostra anche un chiaro legame tra l’inquinamento
atmosferico e la malattia: dove la densità di polveri sottili
inferiori a 2,5 ?m è maggiore di 1,9 ?g/m3 si verifica il 56% di
casi in più. Secondo l’UFSP, il legame con l’inquinamento e quello
con gli "hot spot" meriterebbero analisi più dettagliate.