Tognola, prendendo spunto e, come ha pure sottolineato durante la presentazione del libro e nella bibliografia dello stesso, attingendo a piene mani da documenti d’archivio, memorie e pubblicazioni varie, racconta e commenta con la sua solita verve vari personaggi, dal poco conosciuto oste della Croce Bianca Antonio Stoffner all’avventore più famoso della locanda roveredana, Ugo Foscolo, aggiungendo poi nella seconda parte del volume argomenti e eventi allegri e tristi capitati nei vari periodi descritti.
Lo fa proponendo una narrazione con descrizioni di luoghi, persone, loro avventure e svelando pure dei dettagli significativi, usando il ritmo e le parole giuste nel suo conosciuto narrare personaggi e vicende, importanti o marginali, dei vari temi trattati.
Scritti che Tognola, da bravo ricercatore e narratore (di cui lo storico è una declinazione particolare) con slancio ed entusiamo e con la sua passione per la storia delle nostre terre come già nelle sue sei pubblicazioni precedenti, riesce a ben comunicare al lettore le sue ricerche e i relativi commenti.
Tognola, anche in questo suo nuovo libro (numerose sono pure le sue collaborazioni con la stampa locale e con l’Almanacco del Grigioni Italiano) racconta perché è importante che le cose passate continuino ad essere conosciute e questa è sicuramente una buona ragione per continuare a cercare e raccontare. E lo sa ben fare anche questa volta, attingendo e confrontando il suo lavoro con altri, ispirato da vari documenti o incontri.
La prima parte del libro si concentra su tre personaggi della locanda Croce Bianca, l’oste Stoffner dall’esistenza specialmente prima del suo arrivo a Roveredo assai tribolata, Ugo Foscolo, che alloggiò da profugo nella locanda roveredana da metà aprile all’otto maggio 1815 e le relative e assai dettagliate memorie scritte dall’avventore e pure profugo Wit von Dörring.
La seconda parte del volume contiene una miscellanea di ricordi di avvenimenti in vari periodi storici, da quelli tristi ma pieni di solidarietà umana come negli anni 1943 e 1944 con i profughi ebrei accolti al Ricovero Immacolata di Roveredo, gestito dalle suore della Congregazione Luigi Guanella o, tornando indietro nel tempo, quelle delle lotte dal 1705 al 1708 tra “fratisti e pretisti” o, tra ottobre e dicembre del 1583, con le inquisizioni per stregoneria orchestrate dal giureconsulto gesuita Francesco Borsatto inviato in Mesolcina e poi seguito dalla “visita pastorale” tra il 9 e il 29 novembre del misogino arcivescovo e cardinale Carlo Borromeo, omologate e terminate con la confisca dei beni, ammissione delle colpe sotto tortura e condanne a morte per stregoneria eseguite sul patibolo dei “tre Pilastri” dal boia per ordine del famigerato Tribunale dei Trenta (Magnifico Uffizio Criminale) composto dai maggiorenti vallerani.
Non mancano infine i ricordi d’infanzia di Giorgio Tognola a Grono e a “Loarn”nel dialetto di Grono o “Luarn” in quello di Rorè, alpeggio di Roveredo a cavallo tra la Val Grono e la Val Traversagna e in “Aian”, indimenticabili e, seppur impegnativi, tanto cari momenti agresti per il giovane Giorgio, in parte purtroppo segnati anche dalle devastanti piene della Moesa e della Calancasca del 1951. Nel libro Tognola ricorda pure, nel racconto dell’allora diciottenne Filippo Tognola, il furioso straripamento della Calancasca del 22 settembre 1799.
Nei suoi racconti Tognola utilizza un linguaggio scorrevole, con descrizioni spesso anche argute, di fatti magari assai marginali, in stile tra il serio e il faceto, compresa la grande animazione di Roveredo di anno in anno almeno dalla metà del XV secolo con la cosiddetta e assai trafficata fiera di San Gallo e, tornando all’illustre avventore della Croce bianca, alle avventure più o meno galanti, quasi da gossip si direbbe ai nostri giorni, dell’irrequieto e movimentato personaggio Ugo Foscolo, uno tra i più influenti scrittori e poeti della letteratura italiana dell’800 e pure conosciuto come latin lover, che intratteneva nel suo peregrinare relazioni con diverse donne e, a quanto si può leggere nelle memorie di Wit von Dörring, anche nel suo pur breve passaggio in bassa Mesolcina, oltre che a lasciare, probabilmente povero in canna, insoluti i suoi debiti nei confronti dell’oste Stoffner della Croce bianca, a quanto pare in quel di Grono non venne meno a questa sua fama.
