Il tema è e rimane d’attualità. In particolare da quando è entrata in vigore la Legge federale sulle abitazioni secondarie, il dibattito attorno ai cosiddetti rustici non si è mai placato completamente – e non solo a sud delle Alpi. Permettere di riattare, a determinate e precise condizioni, stalle, fienili e cascinali siti sui maggesi, oppure “sacrificarli” sull’altare della salvaguardia, talvolta unilaterale, del paesaggio e della natura circostante, abbandonandoli così al loro destino, quali retaggi di un tempo ormai passato? Detto altrimenti: che fare nel Ventunesimo secolo di quegl’immobili sparsi sul territorio montano della Svizzera italiana, testimoni preziosi di un passato di vita contadina di sussistenza che ha caratterizzato per secoli le nostre regioni?
Dal passato per l’avvenire
Tracce pregiate del nostro passato (non poi così remoto!) ormai alle spalle, certo, ma che non per questo devono essere inesorabilmente condannate all’incuria del tempo, per il solo fatto di non più adempiere allo scopo per il quale furono costruite dai nostri avi. In quanto testimonianze di una cultura agricola di montagna nel Grigioni/ della Svizzera meridionale, tali costruzioni sui maggesi rivestono ben più di un valore simbolico. Come fu il caso in passato, la loro presenza sul territorio non può né deve essere compresa fine a se stessa. Al contrario: essa era e deve rimanere al servizio della vita di chi abita queste regioni e del loro tempo. Una loro riqualifica ragionata e ponderata non significa pertanto snaturare il fine stesso della loro esistenza e, con esse, la natura circostante, bensì adattarle alle epoche che mutano, trasformando usi e costumi, necessità e modi di vivere; ciò, nel solco di una Tradizione che non è sinonimo di staticità o “sclerosi architetturale”, ma innovazione sapiente che si fonda su quanto tramandatoci e affidatoci dalla Storia.
Rustici, che fare?
Da anni, il futuro di questo patrimonio culturale è nelle mani della politica federale, in particolare nell’ambito della revisione della Legge sulla pianificazione del territorio (LPT). Varie le mozioni parlamentari depositate su questo tema al fine di agevolare il restauro di tali costruzioni site fuori dalle zone edificabili. E pure da anni le opinioni sul da farsi in questo ambito sono contrastanti. Uno sguardo più ampio e lungimirante sulla questione potrebbe permettere di trovare la quadratura del cerchio, al fine di evitare uno “stand by” azzardato, attendendo (forse) tempi migliori.
La legge federale in vigore si prefigge, tra l’altro, di risolvere il conflitto tra la necessità di proteggere la natura e il paesaggio e la possibilità di procedere al recupero di vecchie strutture/casolari sui maggesi non più in uso o, addirittura, vieppiù abbandonati e fatiscenti, riattando tali edifici quali residenze secondarie.
La seconda fase della revisione parziale della LPT, attualmente in consultazione alle Camere federali, annovera fra i temi principali proprio tale regolamentazione concernente le zone non edificabili. Come giungere a un equilibrio rinnovato tra zone edificabili e zone che non lo sono, senza tuttavia mettere in pericolo questa distinzione fondamentale nella gestione del nostro territorio, prezioso e fragile?
La recente accettazione da parte del Consiglio nazionale della proposta di Fabio Regazzi (Centro/TI) atta a introdurre nella LPT una nuova formulazione che consenta un’attuazione più flessibile dei principi che regolano gli interventi sugli edifici degni di protezione – tra cui rientrano i rustici svizzeroitaliani – va nella giusta direzione ed è pertanto di buon auspicio. Così come la concomitante approvazione da parte del Legislativo retico di una mozione (primo firmatario Samuele Censi, PLD/Roveredo) che mira proprio a promuovere e incentivare il restauro, e dunque la valorizzazione, degli edifici fuori dalle zone edificabili, al fine di meglio salvaguardare questo patrimonio culturale legato indissolubilmente alle nostre regioni alpine.
Esigenze regionali da rispettare
“Gli interventi di ristrutturazione devono essere favoriti e incentivati perché sono di fondamentale importanza per la tutela del paesaggio e non devono essere considerati delle eccezioni” si legge, tra l’altro, nella mozione grigione. Per perseguire in modo costruttivo tale obiettivo, i firmatari sottolineano la volontà di dare continuità al rapporto con il territorio, attraverso degli "ovvi adattamenti, a seguito dell’evoluzione della società" e mediante una revisione del quadro legale (art. 24 della LPT). L’incarico chiede così al Governo grigione di farsi promotore di un’adeguata modifica della LPT cosicché essa sia adattata e “gli edifici non più utilizzati per scopi agricoli possano essere destinati in misura moderata a un’utilizzazione a scopi abitativi conservando la propria identità”.
L’auspicata modifica legislativa mira dunque ad agevolare la possibilità di restauro delle costruzioni già esistenti al di fuori delle zone edificabili. Data una maggior vicinanza e conoscenza delle problematiche locali, i Cantoni dovrebbero essere inoltre dotati di maggiori competenze nel settore della pianificazione del territorio – anche in chiave di un turismo di qualità. Alle regioni di montagna – che al di là delle frontiere cantonali condividono un destino comune – occorrono pertanto norme meno rigide in materia di pianificazione del territorio che tengano conto in misura maggiore della storia, della cultura e delle esigenze regionali.
Né abbandono, né musealizzazione
Proteggere e preservare dalla naturale rovina queste costruzioni risalenti ai secoli scorsi deve rimanere l’obbiettivo principale di ogni loro restauro. Ciò, al fine di custodire per il presente, ma soprattutto per le generazioni future, l’intrinseco valore storico, architettonico, paesaggistico ed affettivo di questi edifici rurali. Si tratta di lavorare su questo delicato, ma essenziale equilibrio nel corso del processo di rivalorizzazione, al fine di far rivivere questo patrimonio infrastrutturale che contraddistingue il sud delle Alpi. La parola chiave deve dunque essere: conservare in modo ragionevole, rispettoso e pragmatico. Da un lato, per impedire un loro inesorabile abbandono e conseguente triste disfacimento; dall’altro, evitando così una sorta di musealizzazione di un territorio che vuole – e deve poter – vivere anche in futuro.
Nuovi equilibri
Trovare nuovi equilibri tra natura e patrimonio storico da custodire appare oggigiorno come indispensabile. Nella misura in cui il restauro di stalle e vecchi edifici di montagna, preservando la sostanza originale, si prefigge fondamentalmente il nobile obbiettivo della salvaguardia del paesaggio alpino, tale restauro dovrebbe dunque essere incentivato/sostenuto dalla legge. Ciò poiché la salvaguardia della natura cesellata nei secoli dalla mano dell’Uomo, così come del nostro paesaggio alpino, passa inevitabilmente anche dalla messa in valore del patrimonio storico che rappresentano queste costruzioni rurali. Senza poter usufruirne, oggi e domani, pure i terreni circostanti sono destinati all’abbandono e al conseguente inforestamento.
Come ricordato altresì dal Governo del Cantone dei Grigioni già alcuni anni orsono, la Legge federale sulle abitazioni secondarie prevederebbe già ora la possibilità di ristrutturare edifici esistenti “tipici del sito”, adibendoli, a determinate condizioni e tramite interventi mirati da concertare con le autorità comunali competenti, ad abitazioni secondarie. La messa in pratica della legge, attualmente restrittiva, spetta ai singoli comuni. Data però una certa incertezza giuridica a tal proposito, nonché le revisioni della pianificazione territoriale locale in corso, le possibilità effettive rimangono di fatto circoscritte.
Un approccio bilanciato e pragmatico alla questione risulta pertanto più che necessario: per il bene del territorio stesso e delle persone che ci vivono. Così facendo, si potrà mettere ancor meglio in valore queste costruzioni tipiche del nostro paesaggio alpino, riqualificandole per un uso concreto e rispettoso, nonché adattato al contesto socioculturale della contemporaneità; nel pieno rispetto del nostro paesaggio e onorando al contempo il lavoro, i sacrifici e le fatiche dei nostri avi che a suo tempo li edificarono.