Quando pensiamo alla scuola l’associamo di solito a luoghi e edifici con caratteristiche che ne evidenziano la funzione. Esempi tipici di architettura scolastica “classica” sono le scuole e case comunali dell’Ottocento e lo scomparso palazzo che ospitava la scuola reale a Roveredo, mentre tra gli edifici contemporanei possiamo citare il Centro scolastico ai Mondan o la scuola di Grono.
Queste tipologie architettoniche sono però recenti; per secoli i locali e gli edifici nei quali i maestri tenevano scuola non si distinguevano per caratteristiche legate alla loro funzione didattico-pedagogica. L’insegnamento impartito da membri del clero – il caso più frequente da noi – avveniva nei locali adibiti al culto o all’abitazione: oratori, ospizi, case parrocchiali. I maestri laici ospitavano invece gli allievi in casa propria per un insegnamento individuale, in quanto anche la divisione in classi era quasi sconosciuta.
I primi tentativi noti di istituire scuole nel Moesano non comportarono la costruzione di edifici destinati a questo scopo: nei documenti si accenna talvolta al “locale” di scuola, mai ad una casa o palazzo. Alcuni esuli riformati tennero scuola a Mesocco intorno al 1560, verosimilmente nelle loro abitazioni. Nel 1572 il comune di Roveredo stipulò un contratto biennale con un maestro proveniente da Vicenza, con l’obbligo di insegnare gratuitamente agli scolari poveri; la questione del luogo dove impartire le lezioni non sembrava porsi. Nel 1583, in seguito alla visita del Borromeo in valle, vi fu il tentativo di creare un collegio affidato ai Gesuiti, che avrebbe dovuto istallarsi nel palazzo Trivulzio a Roveredo; tentativo stroncato dalle autorità retiche, in maggioranza riformate.
La scuola popolare si diffuse nel Moesano grazie soprattutto alla presenza dei cappuccini a partire dal XVII secolo, che tennero scuola negli ospizi di Rossa, Santa Maria, Soazza, Mesocco e Roveredo (ospizio Riva in San Giulio).
L’ospizio dei cappuccini di Rossa, edificato intorno al 1679 e a lungo sede della scuola del villaggio...
... E la casa comunale e scuola, costruita nel XIX secolo.
Per testamento, il noto architetto Gabriele de Gabrieli istituì un ginnasio o schola latina per “dar pascolo alli buoni talenti della gioventù che aspira ad apprendere le scienze e farsi abile al servizio di Dio”, ubicato nella casa del donatore stesso a Roveredo e aperto intorno al 1750. Altri benefattori costituirono dei legati per l’apertura di scuole gratuite: l’essenziale non era tuttavia costruire edifici specifici, bensì gestire i beni in modo da procurarsi i redditi necessari per pagare i docenti.
La casa de Gabrieli per circa un secolo ospitò un ginnasio, voluto per testamento nel 1744 dall’architetto Gabriele de Gabrieli (Immagine ripresa da D. Giovanoli, Facevano case, Coira 2009).
Le cose mutarono nel corso dell’Ottocento, quando si affermò la necessità di un’istruzione obbligatoria e gratuita, gestita dai comuni e non più dalla chiesa. Sorsero così anche da noi i primi palazzi scolastici che servivano spesso anche da casa comunale. A Mesocco la scuola, probabilmente la prima “moderna” nel Moesano, fu costruita nel 1847 ed era separata dalla casa comunale. Distrutta da un incendio nel 1938 fu subito ricostruita, riprendendo certe caratteristiche della precedente.
La scuola di Mesocco edificata al posto dell’edificio distrutto da un incendio nel 1938.
A Roveredo la casa comunale e la scuola furono costruiti nel 1856, in Riva, dirimpetto all’edificio che il giudice Giulio Vairo aveva legato al comune, con testamento del 1846. Riattato e adattato alla nuova funzione scolastica, la casa Vairo aveva accolto le prime classi nel 1853.
La scuola e casa comunale di Roveredo costruita nel 1856.
In Calanca, secondo un rapporto d’ispezione del 1849, Cauco aveva una scuola nuova, mentre in diversi comuni i locali scolastici si trovavano nelle case parrocchiali. Edifici destinati a fungere da scuola e casa comunale sorsero a Soazza nel 1862 e a Grono nel 1865. Le costruzioni sono caratterizzate da un impianto tardoneoclassico di forma cubica con corridoio centrale (dette per questo anche “case a corridoio), tetti a padiglione con almeno tre spioventi, modanature e conci d’angolo. A sottolineare la funzione scolastica vi era di solito anche la campana.
La torretta con la campana sull’edificio delle scuole comunali di Mesocco.
Con tali edifici di gusto urbano si voleva sottolineare l’importanza e il decoro attribuiti alla scuola, mentre l’abbinamento con la casa comunale simboleggiava il ruolo dell’ente pubblico e la natura laica dell’insegnamento. Si passò così da edifici anonimi a palazzi che dovevano sottolineare la funzione civica della scuola; l’organizzazione degli spazi cominciava inoltre a tener conto delle esigenze specifiche dell’attività didattica.
L’iscrizione sopra la porta della casa comunale di Roveredo testimonia dell’importanza civica attribuita alla scuola nel XIX secolo: ALLE COMUNALI AMMINISTRAZIONI ALL’ISTRUZIONE DELLA GIOVENTÙ QUESTA SEDE ERIGEVA ROVEREDO 1856.
A cavallo del Novecento anche alcune frazioni, come Giova o Monticello, avevano le loro scuole; entrambe sono state chiuse dopo il 1950 per insufficienza di allievi.
La scuola di Giova, chiusa nel 1952 e ora in sfacelo.
Per iniziativa di alcuni sacerdoti, le due scuole istituite con i lasciti Gabrieli e Vairo a Roveredo furono riunite nel 1855 in una sola, ubicata dapprima nella casa Cotti in San Giulio e dal 1859 nella casa Giboni sulla strada verso la chiesa di S. Anna; la scuola prese il nome di Collegio Sant’Anna che mantenne anche quando, passato nelle mani dei guanelliani, si insediò nel palazzo Schenardi a S. Antonio.
Il Collegio Sant’Anna in un’illustrazione pubblicitaria degli anni Venti.
All’inizio degli anni Venti del secolo scorso fu costruito a Roveredo il palazzo destinato ad ospitare la scuola reale e pre-normale, fondata nel 1888, del quale parleremo in un altro contributo.
Bibliografia sommaria
Arnoldo Marcelliano Zendralli, «La scuola latina de Gabrieli a Roveredo dal 1759 al 1771. La fondazione del Collegio di San Giulio nel 1855», in Quaderni Grigionitaliani, a. XXIII (1953-54), p. 295-299.
Rinaldo Boldini, «Tentativo di storia della scuola mesolcinese», in Quaderni Grigionitaliani, a. XVI (1946-47), p. 23-33, 119-125.
Piero Stanga, La scuola popolare roveredana, Poschiavo 1993.
Giorgio Tognola, Rossa, Augio, Santa Domenica. Luoghi, nomi, storie, Rossa 2011.