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Storie e leggende
lunedì 13 ottobre 2014.
Sospirando i patri focolari
di Giorgio Tognola

Da un anno Giuseppe (Pep) Tognola di San Vittore si trova a Mährisch Schönberg (allora cittadina dell’Impero austro-ungarico, ora Sumperk, città ceca di quasi trentamila abitanti), siamo nel mese di dicembre del 1881. Ventenne, è apprendista di commercio presso un commerciante del luogo. In una delle prime lettere inviate ai genitori che vivono a San Vittore, era il due febbraio, tra l’altro, scriveva: “… La casa, dove mi trovo ora, è buona in quanto che io, con un anno o due di pratica, mi posso acquistare tutte quelle cognizioni necessarie per un vero commerciante, ma d’altra parte non c’è nessuna probabilità di poter formarsi una posizione; il Principale dà mensilmente l’onorario, ma sa d’altronde farlo guadagnare. Un giovine italiano, mio predecessore, bravissimo contabile e corrispondente in diverse lingue rimase qui durante 5 anni; e il suo più gran salario giornaliero ammontava alla somma di franchi 3.-, dico tre, e con ciò si doveva procacciare quanto gli abbisognava.
Il Principale è rinomato per la sua avarizia. Dico avarizia in riguardo al suo prossimo trattandosi però della sua persona, né è interamente il contrario. Tutte le notti immancabilmente le passa all’osteria sino 3, 4 del mattino! La vita d’impiegato è assai misera! …”.
Ritorniamo ora al mese di dicembre, siamo alla vigilia di Natale e delle feste di fine anno e Giuseppe, “appoggiato alla finestra della sua cameretta, pensa sospirando, ai patri focolari” e scrive ai genitori, pregandoli di “dare un bacio per me a cari fratellini e sorelle”. La nostalgia di San Vittore, dei genitori, dei fratelli e delle sorelle è forte, ringrazia i genitori: “… Quanti e quali sacrifici non fate ancora sempre per me e quanti ringraziamenti vi devo fare per quelli sacrifici! Le parole non sono che un tributo insignificante della gratitudine mia verso di Voi…”.
Poi, giovane attento a quanto succede nel mondo, nella lettera aggiunge: “… Giorni scorsi scrissi al Signor Francesco Toschini onde accertarmi se nessuno de’ suoi fu vittima dell’orribile catastrofe che, come avrete letto nei giornali, cagionò l’incendio del Ring-Theater, uno dei primi teatri di Vienna, dove c.a 500-600 persone furono preda delle fiamme; finora però non fui onorato d’una sua risposta; oso nulladimeno sperare che nulla gli sarà accaduto…”. Il giovane mesolcinese si preoccupa dei suoi compaesani, conosce coloro che vivono a Vienna, numerosi sono i Mesolcinesi nella capitale austro-ungarica, principalmente Soazzoni, e venuto a conoscenza dell’incendio, vuol sapere se tra di loro non ci siano state delle vittime.
La notizia della tragedia del teatro, grazie al telegrafo in poche ore, aveva raggiunto tutta l’Europa e gli Stati Uniti.


Il teatro del Ring era stato inaugurato il 17 gennaio con la rappresentazione de “Il barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini. L’otto dicembre 1881, poco dopo le sette di sera, qualche minuto prima dell’inizio de “I racconti di Hoffmann” di Offenbach, scoppiò l’incendio. La sala, che offriva più di 1700 posti, era stracolma. Le fiamme partite dall’impianto di illuminazione del palcoscenico, si propagarono in pochi minuti sui tendaggi. Spenta l’illuminazione a gas di tutto il teatro, il panico serpeggiò tra gli spettatori. Ad avere la peggio nel fuggi fuggi generale furono coloro che assiepavano le gallerie superiori, nell’oscurità totale non riuscirono a trovare le scale e i corridoi per raggiungere l’uscita. La catastrofe causò almeno 386 vittime, il numero esatto non si conobbe mai. Cadaveri carbonizzati non identificati furono inumati in una tomba comune del cimitero centrale della città.
L’anno successivo si tenne un processo, alcuni imputati minori furono condannati a pochi mesi di prigione, mentre direttori e ingegneri furono prosciolti da ogni accusa.
Non sappiamo se Giuseppe Tognola ebbe una risposta da parte di Francesco Toschini; nel nostro archivio non ci sono sue lettere. Come la maggior parte degli scritti del passato, ed è naturale che sia così, sarà finita nella stufa, oppure langue ancora in qualche solaio di una casa antica.
A proposito di Giuseppe Tognola, un anno dopo e grazie alle sue lettere che non sono state distrutte, lo ritroviamo a Belfast. Di lui magari vi parlerò ancora.
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Le radici della violenza: la ricchezza senza lavoro, il piacere senza coscienza, la conoscenza senza carattere, il commercio senza etica, la scienza senza umanità, il culto senza sacrificio, la politica senza principi.

(Mahatma Gandhi)

 
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