Come quasi tutte le valli di transito, anche la Mesolcina è ricca di torri e castelli che servivano soprattutto a garantire il controllo e la sicurezza degli itinerari stradali. Non è quindi un caso se gran parte dei resti di opere fortificate si trovano nella Bassa Valle, specialmente intorno a Roveredo, bivio strategico poiché vi confluivano anche gli itinerari trasversali di Camedo e S. Jorio che collegavano la Mesolcina con la regione del lago di Como. In Calanca, torri e castelli sono praticamente assenti: l’unico complesso fortificato è quello di Santa Maria, che è però rivolto verso la Mesolcina.
Contrariamente a quanto si tende a credere spontaneamente, le torri non servivano principalmente per avvistamenti e segnalazioni. Erano sì costruite di solito in posizione elevata per poter rilevare l’avvicinarsi di potenziali nemici, ma le segnalazioni non erano la loro funzione primaria. Durante il Medioevo, torri e castelli non erano nemmeno soltanto espressione del potere e dell’oppressione di signorotti locali. I complessi più importanti, come la fortezza di Mesocco o il castello di Norantola, erano sede di numerose attività economiche, fungevano da deposito di derrate alimentari e foraggi e, in caso di pericolo, vi poteva trovar rifugio almeno una parte degli abitanti. Anche molte delle torri, che noi consideriamo oggi come costruzioni isolate, erano quasi sempre incluse in un perimetro fortificato comprendente altri edifici o servizi, per esempio pozzi per l’approvvigionamento idrico. Avevano quindi scopi difensivi e talvolta anche residenziali.
La bella stagione invita a scoprire i principali manufatti o rovine di torri e castelli della nostra regione. Sono facilmente reperibili anche grazie al volantino Moesano fortificato (scaricabile in PDF dal sito www.visit-moesano.ch) e alla speciale audioguida (trilingue, italiano, tedesco e inglese), che si può attivare tramite QR code con l’ausilio di uno smartphone e dell’apposita app.
Tralasciando i complessi fortificati più noti (Mesocco, Norantola, Santa Maria), vi proponiamo di scoprire gli altri luoghi con resti, più o meno ben conservati e visibili, di torri e fortificazioni, partendo dal confine meridionale della Mesolcina.
Monticello – Torre
Sulla collina vignata e boschiva detta La Motta, a sud del villaggio di Monticello, sono visibili pochi resti di muri di una torre. Non esistono fonti documentarie in proposito: serviva quasi certamente per la sorveglianza e la difesa sul confine della Mesolcina da pericoli provenienti da sud. Al piede meridionale della collina esiste ancora oggi un edificio abitativo munito di una sorta di torretta. Anche i resti di muro di una torre si situano sul lato meridionale della collina, per controllare il passaggio tra la collina stessa e la Moesa. Forse esisteva anche un elemento fortificato sul lato nord, che controllava il passaggio tra la collina stessa e il villaggio di Monticello.
I numerosi interventi umani nella zona, sia per l’attività agricola, sia per scopi militari (durante le guerre mondiali erano state costruite delle postazioni protette per mitragliatrici) rende difficile l’identificazione dei resti di altre eventuali strutture fortificate. Una tradizione locale vuole che le pietre della torre della Motta siano state riutilizzate per la costruzione della chiesa di Santa Maria della Neve, edificata nel 1513 e poi dotata di una nuova navata nel 1621, che si trova a un centinaio di metri a nord della collina in questione.
I pochi resti della torre sulla collina della Motta a Monticello.
S. Vittore – Torre di Pala
La torre è posta su un masso roccioso, sopra il quartiere di Pala. Fu eretta probabilmente verso la fine del XIII secolo e ampliata nel XIV. Si tratta di una costruzione rettangolare, alta circa 22 metri con sommità merlata. La torre fu edificata in origine su quattro piani: un quinto piano con volta a botte in muratura e un sesto adibito a piattaforma difensiva furono aggiunti in seguito. Dettaglio originale, sulla piattaforma si trovava una cisterna per l’acqua: data la collocazione della torre su un gigantesco macigno era infatti difficile rifornirsi d’acqua dal basso. Su un masso adiacente, separato da un impressionante crepaccio, si trovano pochi resti di un edificio, forse adibito a magazzino, collegato alla torre da una passerella o ballatoio in legno.
Già residenza di un ramo dei Sacco, signori della Valle, o di loro funzionari, il complesso fu poi abbandonato probabilmente alla fine del XV secolo. Nel 1479, durante la guerra tra i Milanesi e gli Svizzeri per il possesso di Bellinzona – quando parte dei Mesolcinesi si era schierata dalla parte del duca di Milano – per sostenere questi ultimi i Milanesi insediarono nella torre di S. Vittore una guarnigione di 20 fanti.
Alla fine del XX secolo, la torre è stata restaurata e munita di un tetto trasparente.
Disegno rappresentante lo stato originale della torre di Pala nel XV secolo (da Almanacco Grigioni Italiano, 1999).
La torre di Pala e l’imponente masso sul quale è stata edificata.
San Vittore - Caslasc
Sul versante della montagna sopra il villaggio di San Vittore, su un promontorio a 562 metri d’altitudine, vicino alla strada forestale carrozzabile, sono ben visibili i resti dei muri perimetrali di una postazione fortificata, della quale non esistono fonti documentarie. Lo spiazzo racchiuso dai resti di muro è ora occupato da un traliccio di una linea elettrica ad alta tensione.
Negli immediati dintorni si trovano altri resti di muri che sembrano riconducibili a fortificazioni o bastioni difensivi. Tuttavia, non sono mai state eseguite indagini archeologiche su tali resti. Anche il nome Caslasc (“castellaccio”?) potrebbe riferirsi a edifici fortificati, anche se nel dialetto locale indica semplicemente la presenza di ruderi.
I resti di muro della postazione fortificata Caslasc, sopra il villaggio di San Vittore.
Bibliografia sommaria
Erwin Poeschel, Die Kunstdenkmäler des Kantons Graubünden, vol. VI, Basilea, Birkhäuser, 1945.
Emilio Clemente, Castelli e torri della Svizzera Italiana, Bellinzona, Salvioni, 1974.
Werner Meyer, Castelli del Ticino e del Grigioni italiano, Zurigo, Silva, 1982.
Otto Paul Clavadetscher, Das Burgenbuch von Graubünden, Zurigo, Orell Füssli, 1984.
Marco Marcacci